VALUTAZIONE MEDICO-LEGALE DEL DANNO LAVORATIVO NELL’INFORTUNIO SUL LAVORO

Il nesso causale nell’infortunistica INAIL

Se tra il fatto lesivo esterno (causa violenta) ed il lavoro basta un semplice rapporto di causa indiretta (occasione, intesa in senso di finalità di lavoro) tra la causa violenta e l’evento dannoso finale (danno lavorativo) deve sussistere un diretto rapporto di causa ed effetto, valutato sulla base dei tipici criteri di giudizio:

1) Criterio cronologico. Consiste nel giudicare se l’intervallo di tempo trascorso dall’azione lesiva alla comparsa delle prime manifestazioni di una determinata malattia sia compatibile o meno con l’esistenza di una relazione causale.

2) Criterio topografico. Riguarda la corrispondenza tra la regione anatomica interessata dall’azione lesiva e la sede d’insorgenza della malattia, vi può essere un rapporto diretto, indiretto e da contraccolpo.

3) Criterio di idoneità qualitativa e quantitativa. Valuta l’idoneità di un’azione lesiva a produrre una malattia. Si ricerca una proporzionalità fra causa ed effetto ed una compatibilità tra la natura dell’azione lesiva e la specie del danno verificatosi. L’idoneità può essere assoluta (la causa è sufficiente) o relativa (sono necessarie concause).

4) Criterio modale. La modalità d’azione della causa deve essere compatibile con la natura, la gravità e la modalità di comparsa degli effetti prodotti.

5) Criterio della continuità fenomenica. Vi può essere una sindrome a ponte quando non vi è interruzione fra l’azione lesiva e la comparsa della malattia, oppure un intervallo libero più o meno lungo.

6) Criterio di esclusione. Consiste nell’escludere ogni altra possibile causa circoscrivendo il solo fattore eziologico.

Le contestazioni sull’ammissibilità del nesso causale sono più frequenti di quanto si pensi, non solo in caso di assenza di testimoni o ritardata comunicazione al datore di lavoro, ma anche quando l’infortunio (lombalgia, infarto miocardico, ecc.) si manifesta durante la "lavorazione abituale" del soggetto, per cui la causa va ricercata in fattori costituzionali interni.

Nell’ambito INAIL devono essere accolti anche gli infortuni concausati (mentre è espressamente esclusa per la malattia professionale); così tutte le concause di lesione (che producono effetti lesivi più gravi) preesistenti (il diabete mellito, l’emofilia), concomitanti o sopravvenute (infezione della ferita) danno diritto all’indennizzo di tutto il danno; diversamente le concause di inabilità possono essere considerate oppure no, secondo norme precise indicate nel T.U. in fase di valutazione.

LA VALUTAZIONE DELL’INABILITà PERMANENTE

Allorché alla lesione residuano postumi che incidano permanentemente sull’integrità psicofisica del lavoratore, diminuendone così l’attitudine al lavoro, si deve procedere alla loro valutazione per l’eventuale costituzione della rendita.

Il danno da infortunio può essere unico, tuttavia spesso si assiste a danni plurimi, rappresentati da più reliquati situati nello stesso arto o organo oppure in arti o organi diversi, da cui può derivare un concorso o una coesistenza d’inabilità.

Le inabilità concorrenti s’influenzano fra di loro determinando un danno complessivo maggiore e possono interessare uno stesso sistema organo-funzionale (es.: un soggetto monocolo subisce la riduzione visiva dell’occhio sano), oppure sistemi organici diversi, ma con funzioni sinergiche, complementari o comunque interferenti (es.: un debole di vista che perde l’udito).

Le inabilità coesistenti interessano organi e apparati funzionalmente diversi, senza reciproche correlazioni lavorative (es.: la sordità di un orecchio e l’anchilosi tibio-tarsica).

Le diverse lesioni possono derivare dallo stesso infortunio e si dicono monocrone, oppure da infortuni diversi per cui alcune sono preesistenti altre successive e si dicono policrone. Le lesioni policrone, a loro volta possono dipendere tutte da infortuni lavorativi (omogenee), oppure in parte da fatti estranei al lavoro (eterogenee).

Inabilità unica

Fatta convenzionalmente corrispondere a 100 la completa attitudine del soggetto a svolgere mansioni lavorative generiche (operaie od agricole), l’art. 78 del T.U. stabilisce che la perdita di attitudine al lavoro deve essere valutata facendo riferimento alle tabelle allegate alla legge (una per l’industria ed una per l’agricoltura).

In tali tabelle, per una determinata serie di tipiche invalidità permanenti, connesse a precise menomazioni anatomo-funzionali (prevalgono le voci relative alle perdite anatomiche degli arti ed alle anchilosi delle principali articolazioni), è fornita la corrispondente percentuale d’invalidità sulla quale computare la rendita da erogare al lavoratore infortunato. Le tabelle esemplificano un numero limitato di eventi di danno, le percentuali relative hanno valore tassativo solo per quanto riguarda le lesioni "pure" elencate (la percentuale di amputazione del pollice non è comprensiva di una ipotrofia dell’eminenza tenar, di una cicatrice retraente, di un neurinoma, ecc.). Per le menomazioni anatomo-funzionali non riportate in tabella deve essere valutato caso per caso, con riferimento analogico e comparativo alle percentuali tabellate.

L’art. 78, al 2° comma, stabilisce che la perdita funzionale equivale alla perdita anatomica, al 3° comma precisa che quando la funzione non è totalmente persa la sua valutazione deve far riferimento alla perdita totale in un modo proporzionale al valore lavorativo della funzione perduta.

Si dovrebbe poter disporre di una valutazione per ogni piccolo danno; in questi casi soccorrono il criterio dell’esperienza ed il paragone con i valori indicati in altri barémes infortunistici.

Le difficoltà maggiori sorgono per i danni viscerali, di cui le tabelle prevedono solo la perdita di un rene col controlaterale sano e della milza senza alterazioni della crasi ematica, e per i quali occorre considerare il valore riferito alla funzione lavorativa perduta.

Sia per l’industria che per l’agricoltura la valutazione delle menomazioni deve sempre essere effettuata in riferimento alla capacità lavorativa generica operaia o agricola, senza tener conto della capacità specifica o di attitudini particolari: alla perdita anatomica di un dito della mano corrisponde sempre lo stesso valore percentuale sia che l’infortunato esplichi, nell’industria, lavori di manovalanza, sia che esplichi attività altamente specializzata.

In infortunistica del lavoro viene corrisposta una rendita al lavoratore allorché residua un’invalidità permanente superiore al 10% (minimo indennizzabile, pertanto, l’11%). Ciò corrisponde alla cosiddetta franchigia prevista anche in alcune polizze private contro gli infortuni per le quali si fa luogo ad indennizzo per permanente solo se essa supera una data percentuale, e si fonda sul concetto che al di sotto delle percentuali suddette la riduzione dell’attitudine lavorativa sia praticamente trascurabile. Nell’infortunistica sociale la percentuale di riduzione dell’attitudine al lavoro inferiore al minimo indennizzabile viene comunque accantonata e riconsiderata, procedendo a valutazione globale, nell’eventualità che un nuovo infortunio determini postumi permanenti, mentre ciò non è previsto nell’infortunistica privata.

Molte percentuali per menomazioni da infortuni agricoli sono superiori a quelle dovute ad infortuni industriali, in quanto si ritenne che sull’esplicazione di lavori agricoli maggiore incidenza avessero le menomazioni degli arti per la necessità di una più bruta attività muscolare che non nell’industria. Distinzione che oggi, tra l’altro, ha sempre minore ragione di esistere, vista la progressiva meccanizzazione dell’agricoltura.

Per altre menomazioni come la perdita della milza senza alterazioni della crasi ematica, la perdita totale dell’indice destro, la perdita della falange ungueale del pollice destro e la perdita di cinque decimi di visus in un occhio sono tutte valutate 16% in caso d’infortunio agricolo, mentre le prime tre sono valutate il 15% e la quarta il 14% in caso d’infortunio industriale. Questa differenza si spiega con il fatto che il 16% era, prima della legge 8/8/1972, n. 457, il minimo indennizzabile negli infortuni agricoli.

La valutazione dei postumi di un infortunio del lavoro diventa definitiva solo dopo 10 anni dalla costituzione della rendita. Durante questo periodo vi è la possibilità di ben sei "revisioni", quattro nel primo quadriennio e due negli altri sei anni, sia su domanda del titolare, sia su disposizione dell’Istituto assicuratore, allo scopo di adeguare la valutazione alle modificazioni delle condizioni psicofisiche del lavoratore. La valutazione dei postumi, che viene fatta in prima istanza o nel corso delle revisioni, tiene pertanto conto del danno attuale, data la possibilità successiva di variare il giudizio se si verificassero miglioramenti o peggioramenti. Questa è una differenza sostanziale con la valutazione in responsabilità civile o in infortunistica privata, che deve essere definitiva, comprendendo anche i prevedibili miglioramenti o peggioramenti, e rende ragione delle differenze, talora notevoli, fra le rispettive percentuali.

Inabilità plurime monocrone

"In caso di perdita di più arti, od organi o di più parti di essi e qualora non si tratti di molteplicità espressamente contemplate nella tabella, il grado di riduzione dell’attitudine al lavoro deve essere determinato di volta in volta, tenendo conto di quanto, in conseguenza dell’infortunio e per effetto della coesistenza (nel senso di contemporanea presenza) delle singole lesioni, è diminuita l’attitudine al lavoro" (art. 78, 3° comma").

Tale valutazione globale non corrisponde mai alla somma aritmetica delle rispettive percentuali, perché si determinerebbero talora perdite percentuali superiori al 100% dell’attitudine al lavoro. La norma non fa riferimento a specifiche formule matematiche, ma indica un criterio di valutazione globale che deve considerare anche le interrelazioni tra le diverse lesioni. La coesistenza, richiamata nell’articolo esaminato, non ha infatti un significato medico-legale e sottintende anche l’ipotesi che fra le diverse cause d’inabilità vi sia una concorrenza. Il metodo della valutazione globale valorizza la professionalità del medico, e gli richiede una notevole esperienza ed una profonda conoscenza dei diversi barémes valutativi, ma è difficile da applicare senza tali requisiti. Alcuni A.A. hanno perciò proposto l’uso di formule matematiche a carattere orientativo.

a) lesioni coesistenti: viene usata la formula a scalare di Balthazard, che si basa sul principio che il soggetto già menomato vale una frazione di 100, per cui la nuova menomazione deve essere rapportata alla capacità residua:

prima lesione 35%; capacità residua = 65%; seconda lesione 20%.

20:100 = n:65 ; n = 20x65/100 = 13 ; 35%+13% = 48%

Il danno complessivo secondo il metodo a scalare è del 48%, contro il 55% che deriverebbe dalla somma.

Le critiche che vengono mosse alla formula di Balthazard si basano sul fatto che la sua rigida applicazione non permetterebbe mai di raggiungere il 100%, ma si può dubitare che lesioni così gravi da avvicinarsi all’inabilità totale si mantengano coesistenti. Il risultato dovrebbe invece essere preso in considerazione come indicativo del valore sul quale deve aggirarsi la valutazione globale.

b) Lesioni concorrenti. La tabella riporta un solo caso, la perdita di tutte le dita della mano per infortunio industriale, con valutazione globale, essendo dato anche il valore delle singole lesioni concorrenti. La percentuale globale prevista in tabella è pari al 65% a destra; la somma aritmetica delle singole lesioni è 28+15+12+8+12 = 75%; l’applicazione della formula di Balthazard è: a) 28+(15x72/100) = 39; b) 39+(12x61/100) = 46; c) 46+(8x54/100) = 50; d) 50+(12x50/100) = 56%. Facendo la media fra il valore della somma aritmetica e quello ottenuto con la formula a scalare (formula salomonica) risulta (75%+56%)/2 = 65.5% che si avvicina sorprendentemente al valore tabellato. Si potrebbe quindi, per analogia, generalizzare il procedimento.

Inabilità plurime policrone eterogenee.

a) Lesioni coesistenti. Non si deve tener conto dell’inabilità preesistente extra-lavorativa e la rendita è commisurata alle sole conseguenze dell’infortunio, senza alcuna maggiorazione.

b) Lesioni concorrenti. "Il grado di riduzione permanente dell’attitudine al lavoro causata da infortunio, quando risulti aggravato da inabilità preesistenti derivanti da fatti estranei al lavoro o da altri infortuni non contemplati dal presente titolo o liquidati in capitale ai sensi dell’art. 75, deve essere rapportato non all’attitudine al lavoro normale, ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti inabilità. Il rapporto è espresso da una frazione in cui il denominatore indica il grado di attitudine al lavoro preesistente e il numeratore la differenza tra questa e il grado di attitudine residuato dopo l’infortunio" (art. 79. T.U.).

Questo criterio viene attuato adottando la formula di Gabrielli: Danno = capacità preesistente - capacità residuata dopo l’infortunio / capacità preesistente.

L’unico dubbio riguarda il metodo di valutare la capacità residuata dopo l’infortunio; la maggior parte degli A.A. sottrae a 100 la somma delle percentuali d’inabilità del primo e del secondo infortunio; in questo modo al numeratore, calcolata la differenza, risulta sempre il valore tabellare del secondo infortunio che viene diviso per la capacità preesistente.

Esempio:

percentuale del 1° infortunio = 20%, percentuale del 2° infortunio = 30%;

C1 = 80%; C2= 50%; D = 80-50/80 = 30 (% secondo inf.)/80 = 37,5%.

Viceversa per altri Autori sembra più conforme allo spirito del legislatore, anche sulla base degli altri articoli, che la capacità residuata dopo il secondo infortunio sia il frutto di una valutazione globale. Applicando gli stessi criteri descritti per le inabilità plurime monocrone concorrenti (formula salomonica) l’esempio sopra riportato si svilupperebbe nel seguente modo: C1 = 80%; C2 = 53; D = 80-53/80 = 34%.

Inabilità plurime policrone omogenee.

Quando il titolare di una rendita sia colpito da un nuovo infortunio indennizzabile da cui derivi un’altra inabilità, si procede alla costituzione di un’unica rendita in base al grado di riduzione complessiva dell’attitudine al lavoro causata dai vari infortuni (art. 80 T.U.). Questo principio risponde all’esigenza della unificazione delle rendite appartenenti a una stessa gestione assicurativa. Una questione assai dibattuta è se il principio vada applicato in caso di infortuni appartenenti a gestioni assicurative diverse, industriale ed agricola, infatti tenendo separate le due rendite, come se gli infortuni fossero eterogenei, la seconda percentuale andrebbe calcolata ai sensi dell’art. 79.

Art. 83. La misura della rendita può essere riveduta, su domanda del titolare della rendita o per disposizione dell’Istituto assicuratore. Nei primi quattro anni dalla data di costituzione della rendita la prima revisione può essere richiesta o disposta solo dopo un anno dalla data dell’infortunio o sei mesi da quella di costituzione della rendita, quindi a distanza di un anno dalla revisione precedente. Trascorso il quarto anno dalla costituzione della rendita la revisione può essere richiesta o disposta solo due volte al 7° e 10° anno. Trascorsi 10 anni dall’infortunio o 15 anni se trattasi di malattia professionale, il grado di inabilità è definitivo.

INDUSTRIA

Descrizione

D

--

S

Descrizione

D

-

S

Sordità completa di un orecchio

 

15

 

Perdita delle ultime due falangi dell’indice

11

 

9

Sordità completa bilaterale

 

60

 

Perdita delle ultime due falangi del medio

 

8

 

Perdita totale della facoltà visiva di un occhio

 

35

 

Perdita delle ultime due falangi dell’anulare

 

6

 

Perdita anatomica o atrofia del globo oculare senza possibilità di applicazione di protesi

 

40

 

Perdita delle ultime due falangi del mignolo

 

8

 

Altre menomazioni della facoltà visiva

(v. tabella)

Anchilosi totale del gomito tra 110 e 75 gradi:

  1. in semipronazione
  2. in pronazione
  3. in supinazione
  4. pronosupinazione dell’avambraccio possibile

30 35 45

25

 

25

30

40

20

Stenosi nasale unilaterale

 

8

 

Stenosi nasale assoluta bilaterale

 

18

 

Perdita di molti denti in modo che risulti gravemente compromessa la funzione masticatoria:

  1. con possibilità di applicazione di protesi efficace
  2. senza possibilità di applicazione di protesi efficace

 

 

 

11

30

 

Anchilosi totale del gomito in flessione submassimale

55

 

50

Anchilosi totale del gomito in estensione subcompleta:

  1. in semipronazione
  2. in pronazione
  3. in supinazione
  4. pronosupinazione dell’avambraccio possibile

40 45 55

35

 

35

40

50

30

Perdita di un rene con integrità del superstite

 

25

 

Perdita della milza senza alterazioni della crasi ematica

15

Per la perdita di un testicolo

 

0

 

Anchilosi radiocarpica rettilinea completa

18

 

15

Buoni esiti di frattura di clavicola

 

5

 

Se vi è anche abolizione della pronosupinazione:

  1. in semipronazione
  2. in pronazione
  3. in supinazione

22

25 35

 

18

22

30

Anchilosi completa dell’articolazione scapolo-omerale con arto in posizione favorevole ed immobilità della scapola

50

 

40

Anchilosi completa s.-o. con arto in posizione favorevole e mobilità della scapola

40

 

30

Anchilosi completa coxofemorale in estensione

 

45

 

Perdita totale di una coscia per disarticolazione coxofemorale o amputazione alta senza possibilità di protesi

 

80

 

Anchilosi completa s.-o. con arto in posizione favorevole e mobilità della scapola

40

 

30

Perdita del braccio:

  1. per disarticolazione scapolo-omerale
  2. per amputazione al terzo superiore

85 80

 

75

70

Perdita di una coscia in altro punto

 

70

 

Perdita totale di una gamba o amp. al 1/3 superiore:

  1. senza possibilità di protesi articolata
  2. con possibilità di protesi articolata

 

 

65

55

 

Perdita del braccio al terzo medio o dell’avambraccio

75

65

Perdita dell’avambr. al terzo medio o della mano

70

 

60

Perdita di una gamba al terzo inferiore o di un piede

 

50

 

Perdita di tutte le dita della mano

65

 

55

Perdita del pollice e del primo metacarpo

35

 

30

Perdita dell’avampiede alla linea tarso-metatarso

 

30

 

Perdita totale del pollice

28

 

23

Perdita dell’alluce e corrispondente metatarso

 

16

 

Perdita dell’indice

15

 

13

Perdita del solo alluce

 

7

 

Perdita totale del medio

 

12

 

Perdita di un solo dito di un piede

 

0

 

Perdita totale dell’anulare

 

8

 

Perdita di più dita, ogni altro dito è valutato

 

3

 

Perdita totale del mignolo

 

12

 

Anchilosi completa rettilinea del ginocchio

 

35

 

Perdita della falange ungueale del pollice

15

 

12

Anchilosi tibio-tarsica ad angolo retto

 

20

 

Perdita della falange ungueale dell’indice

7

 

6

Accorciamento di un arto dai tre ai cinque centimetri

 

11

 

Perdita della falange ungueale del medio

 

5

 

Perdita della falange ungueale dell’anulare

 

3

 

 

 

 

 

Perdita della falange ungueale del mignolo

 

5

 

 

 

 

 

 

 

AGRICOLTURA

Descrizione

D

--

S

Descrizione

D

-

S

Sordità completa di un orecchio

 

20

 

Perdita totale del medio

 

12

 

Sordità completa bilaterale

 

60

 

Perdita totale dell’anulare

 

8

 

Perdita totale della facoltà visiva di un occhio

 

35

 

Perdita totale del mignolo

 

12

 

Perdita o atrofia dell’occhio senza poss. di protesi

 

40

 

Perdita della falange ungueale dell’indice

7

 

6

Altre menomazioni della facoltà visiva

(v. tabella)

Perdita della falange ungueale del medio

 

5

 

Stenosi nasale assoluta unilaterale

 

8

 

Perdita della falange ungueale dell’anulare

 

3

 

Stenosi nasale assoluta bilaterale

 

18

 

Perdita della falange ungueale del mignolo

 

5

 

Perdita di un rene con integrità del superstite

 

26

 

Perdita delle ultime due falangi dell’indice

14

 

11

Perdita della milza senza alterazioni della crasi ematica

 

16

 

Perdita delle ultime due falangi del medio

 

8

 

Perdita di un testicolo

 

0

 

Perdita delle ultime due falangi dell’anulare

 

6

 

Perdita totale del braccio

85

 

80

Perdita delle ultime due falangi del mignolo

 

8

 

Perdita del braccio al terzo superiore

80

 

75

Perdita totale di una coscia

 

80

 

Perdita totale dell’avambraccio

75

 

70

Perdita di una coscia in qualsiasi altro punto

 

70

 

Perdita di tutte le dita della mano

70

 

65

Perdita di una gamba al terzo superiore

 

65

 

Perdita totale del pollice

30

 

25

Perdita di una gamba al 1/3 inferiore o di un piede

 

50

 

Perdita della falange ungueale del pollice

16

 

12

Perdita dell’alluce e corrispondente metatarso

 

16

 

Perdita totale dell’indice

20

 

16

Perdita del solo alluce

 

11

 

 

 

 

 

Perdita di più dita del piede, per ogni dito perduto

 

5

 

N.B.: in caso di constatato mancinismo le percentuali di riduzione dell’attitudine al lavoro stabilite per l’arto superiore destro si intendono applicate all’arto sinistro e viceversa.

TABELLA DI VALUTAZIONE DELLE MENOMAZIONI DELL’ACUTEZZA VISIVA

Visus perso

Visus residuo

% occhio peggiore

% occhio migliore

1/10

2/10

3/10

4/10

5/10

6/10

7/10

8/10

9/10

10/10

9/10

8/10

7/10

6/10

5/10

4/10

3/10

2/10

1/10

0

1

3

6

10

14

18

23

27

31

35

2

6

12

19

26

34

42

50

58

65

NOTE:

1. In caso di menomazione bioculare, si procede a conglobamento delle valutazioni effettuate in ciascun occhio.

2. La valutazione è riferita all’acutezza visiva quale risulta dopo la correzione ottica, sempre che la correzione stessa sia tollerata; in caso diverso la valutazione è riferita al visus naturale.

3. Nei casi in cui la valutazione è riferita all’acutezza visiva raggiunta con correzione, il grado di inabilità permanente, calcolato secondo le norme che precedono, viene aumentato in misura variabile da 2 a 10 punti a seconda dell’entità del vizio di rifrazione.

4. La perdita di 5/10 in un occhio, essendo l’altro normale, è valutato il 16% se si tratta di infortunio agricolo.

5. In caso di afachia monolaterale:

con visus corretto di 10/10, 9/10, 8/10

con visus corretto di 7/10

con visus corretto di 6/10

con visus corretto di 5/10

con visus corretto di 4/10

con visus corretto di 3/10

con visus corretto inferiore a 3/10

15%

18%

21%

24%

28%

32%

35%

6. In caso di afachia bilaterale, dato che la correzione ottica è pressoché uguale e pertanto tollerata, si applica la tabella di valutazione delle menomazioni dell’acutezza visiva, aggiungendo il 15% per la correzione ottica e per la mancanza del potere accomodativo.